Buonasera a tutti,
sono stato invitato quest’anno, al concerto nel giardino del Guggenheim di Venezia, per festeggiare il compleanno di Peggy. Avrebbe compiuto 126 anni. Luogo magico per eccellenza, il giardino, illuminato con luci soffuse. Alle 20.00 visita della mostra dedicata a Jean Cocteau. Anche in questo caso, opere bellissime che spaziavano dai disegni alla pittura, dalle sculture indossabili alle sue interpretazioni teatrali. Quando sei in certi spazi, almeno per me, viene la sensazione di aver fallito su tutta la linea come artista, perchè a certi livelli non ci arriverai mai. Poi penso che là, in biblioteca, è custodita una mia opera. Tutto diventa strano. Strano, ma mi fa essere felice. Alle 21.00 inizio concerto, realizzato anche grazie al Palazzetto Bru Zane.
Tratto dal libretto della serata:
“Si esibiva il Quatuor Tchalik. Gabriel Tchalik e Louise Tchalik ai violini, Sarah Tchalik alla viola, Marc Tchalik al violoncello. Il Quautuor Tchalik è formato da quattro fratelli e sorelle. Cresciuti in una famiglia in cui la musica occupa tradizionalmente un ruolo fondamentale, suonano insieme sin dall’infanzia. Nel 2018 hanno vinto il primo premio al Concorso Mozart di Salisburgo, nonchè il premio speciale della giuria per la migliore interpretazione di un quartetto di Mozart. Dal 2016 al 2022 hanno studiato con Gunter Pichler alla Escuela Superior de Musica Reina Sofia di Madrid. Oltre a dedicarsi al repertorio classico e romantico, sono anche cultori della musica contemporanea: hanno suonato in prima esecuzione opere di autori come Jacques Boisgallais, Michele Reverdy, Batien David e Thierry Escaich. Nel 2020 hanno eseguito in prima mondiale “Quale stormo d’augei notturno” di Pierre Farago alla Philharmonie di Parigi. Il Quatuor Tchalik si esibisce in festival come il Festival Radio France Occitanie di Montepellier, il Festival Chopin di Nohant, le Flaneries Musicales di Reims o il Rheingau Festival in Germania, ed è stato invitato dal Concertgebouw di Amsterdam, dal Mozartuem di Salisburgo, e dalle Philharmonie di Colonia e di Dresda. Il Quatuor Tchalik ha fondato la propria etichetta indipendente, Alkonost Classic, e ha registrato dischi dedicati alle opere di Thierry Escaich (2019), Camille Saint-Saens (2021) e Reynaldo Hahn (2020), che hanno ottenuto il plauso della critica. Suonano strumenti creati dal lutaio Philippe Miteran con archetti realizzati appositamente per loro da Konstantin Cheptitski. Si esibiscono anche come quintetto insieme al loro fratello pianista, Dania Tchalik.
Presso il Guggenheim hanno presentato due opere, di Camille Saint-Saens e Gabriel Faurè.
Camille Saint-Saens (1835 – 1921). Orfano di padre proprio comr Charles Gounod, Saint-Saens fu cresciuto dalla madre e dalla prozia. Fu quest’ultima a iniziarlo al pianoforte, prima di affidarlo a Stamaty e poi a Maleden. Straordinariamente precoce, fece la sua prima apparizione in concerto già nel 1846. Due anni dopo lo ritroviamo al Conservatorio nelle classi di Benoist (organo) e poi di Halèvy (composizione). Anche se fallì due volte al concorso per il “Prix de Rome”, il complesso della sua carriera fu costellato da un’infinità di riconoscimenti e di nomine a vari incarichi ufficiali, tra cui un’elezione all’Acadeèmie des beaux-arts nel 1878. Virtuoso, titolare degli organi della Madeleine (1875-1877), impressionò i suoi contemporanei. Compositore colto e fecondo, si adoperò per la riabilitazione dei maestri del passato partecipando a edizioni di Gluck e di Rameau. Eclettico, difese tanto Wagner quanto Schumann. Come didatta ebbe tra i suoi allievi Gigout, Faurè o Messager. Come critico firmò numerosi articoli che attestano uno spirito lucido e acuto, anche se molto legato ai principi dell’accademismo. Fu questo spirito, indipendente e volitivo, a indurlo a fondare nel 1871 la Sociètè nationale de musique, e quindi a rasseganre le dimissioni nel 1886. Ammirato per le sue opere orchestrali, pervase di un rigore assolutamente classico in uno stile non privo di audacia (cinque concerti per pianoforte, tre sinfonie, l’ultima della quali con organo, quattro poemi sinfonici, tra cui la celebre “Danse macabre), conobbe un successo internazionale grazie in particolare alle opere “Samson et Dalila” (1877) e “Herry VIII” (1883).
Gabriel Faurè (1845-1924). Figlio del direttore di un istituto magistrale, Faurè fu iscritto già all’età di nove anni alla Scuola di musica classica e sacra fondata nel 1853 da Louis Niedermeyer. Allievo di Loret (organo), Saint-Saens (pianoforte) e Niedermeyer stesso (composizione), ricevette una formazione eccezionalmente ricca, che gli fece scoprire sia i maestri antichi sia quelli moderni. Non stupisce che alla fine degli studi nel 1865 intraprenda una carriera nella musica sacra, la quale lo porta in particolare alla chiesa della Madeleine come maestro di cappella (1877-1905) e successivamente organista (1896-1905). In parallelo, cominciò a frequentare i salotti brillando per il suo talento di pianista e improvvisatore. Nel 1896, grazie alla sua fama crescente, prende il posto di Massenet come professore di composizione al Conservatorio, prima di assumere la direzione dell’istituto tra il 1905 e il 1920. Mente libera e aperta (fu uno dei fondatori nel 1871 della Sociètè nationale de musique), Faurè segnò profondamente i suoi allievi, tra i quali figurano Florent Schmitt, Charles Koechlin, Nadia Boulanger e Maurice ravel. Anche se è autore di un’ambiziosa “Tragèdie lyrique”, di una magnifica opera “Pènèlope, 1913” e di un celebre “Requiem” (1888), fu innanzitutto nel mondo intimista e raffinato della musica da camera, del pianoforte e della “Mèlodie” che Faurè sviluppò gli aspetti più innovativi del suo stile. Melodista di primo piano, armonista di stufacente intuito, fu uno dei grandi rappresentanti della musica francese tra Ottocento e Novecento, posizione che gli meritò nel 1909 un’elezione all’Institut de France. Per i due decani della musica francese alla fine della Prima guerra mondiale, Csmille Saint-Saens e Gabriel Faurè, il quartetto per archi rappresenta il vertice da raggiungere. Saint-Saens torna al genere nel 1918, vent’anni dopo il suo Quartetto n.1; Faurè invece vi dedica la sua ultima opera, eseguita in prima assoluta alcuni mesi dopo la sua morte. In questi canti del cigno, ciascuno dei due compositori inserisce una parte del proprio lascito ai posteri: chiarezza mozartiana per l’uno, raffinatezza armonica per l’altro. Entrambi, però si guardano bene dal mostrarsi pedanti, e badano a rendere attraenti – in alcuni casi con episodi scherzosi, in altri con la concisione del discorso – queste pagine scritte più per i posteri che per il successo immediato.
In collaborazione con il Palazzetto Bru Zane – Centre de musique romantique francaise ha come vocazione quella di favorire la riscoperta del patrimonio musicale francese del grande Ottocento (1780-1920), offrendogli la diffusione che merita. Situato a Venezia in un palazzo del 1695 appositamente restaurato per ospitarne la sede, il Palazzetto Bru Zane gode del sostegno della Fondation Bru. Esso unisce ambizione artistica ed esigenza scientifica, riflettendo lo spirito umanistico che guida le azioni della fondazione. Le principali attività del Palazzetto Bru Zane, condotte in stretta collaborazione con numerosi patner, sono la ricerca, l’edizione di partitutre e di libri, la produzione e la diffusione di concerti in mìambito internazionale, il sostegno a progetti didattici e la pubblicazione di registrazioni discografiche.”
Ed l’evento è stata l’occasione per presentare la nuova raccolta fondi che inizierà il 9 Settembre:
Sottovoce, perchè il concerto per festeggiare Peggy Guggenheim stava per iniziare, vi racconto il nuovo progetto a sostegno delle strutture educative della @PeggyGuggenheimCollection Quest’anno per la mia consueta raccolta fondi, ho chiesto aiuto ad alcuni amici colleghi. Il 9 Settembre, sarà presentato il Libro d’Artista “Appunti”, realizzato in 10 copie, ognuno diversa dall’altra, su cui hanno lavorato gli artisti: Andrea Mattiello, Easypop, Filippo Basetti, Silvia Beneforti e Paolo Beneforti. Le copertine sono state dipinte da Filippo Biagioli. Come sempre, un’occasione per il collezionista attento, di possedere un’opera particolare e nel contempo di sostenere la formazione di ragazzi provenienti dall’Italia e dall’estero.
Grazie a tutti, Filippo Biagioli